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     n. 11 anno 2011

Voglia diffusa di “leadership di garanzia”

di Gabriele Gabrielli, Docente Università LUISS Guido Carli

di Gabriele Gabrielli, Docente Università LUISS Guido Carli

Leader e forme espressive della leadership fanno la differenza nella storia di popoli e nazioni, ma anche in quella delle imprese. Possono essere la cifra di un'epoca o di una storia organizzativa. Le leadership però non sono tutte "buone", ci sono anche leadership "cattive" [B. Kellerman, Cattiva leadership. Quando il lato oscuro della natura umana prende il comando, Etas, Milano, 2005], perché quello della leadership non è un campo offshore per l'etica. Le vicende finanziarie ed economiche degli anni più recenti, d'altro canto, fatte di scandali, di sofferenza e di soprusi ci hanno fatto toccare con mano quanto le leadership possano essere davvero distruttive. Le leadership distruttive, quelle cioè che avvelenano la società con l'uso della violenza e della forza, della diffamazione e delle urla che tolgono la voce a molti e ai più deboli, hanno in sé una delle caratteristiche più rappresentative della globalizzazione. Sotto questo aspetto sono un fenomeno molto moderno. Le leadership cattive, infatti, presentano quella liquidità, caratteristica dell'epoca contemporanea, che Zygmunt Bauman ha approfondito con le sue numerose ricerche. Potremmo dire che queste espressioni di leadership non hanno una forma propria, ma prendono quella che fa loro più comodo per imprigionare e asservire tutto. E ogni tempo ha le sue. Ogni epoca può mettere in mostra le proprie leadership distruttive senza forma, perché liquide e interstiziali. Queste indeboliscono l'azione sociale, togliendo il respiro alla comunità e ai suoi cittadini che soffrono in un ambiente sempre più irrespirabile. Si avrebbe voglia di spalancare le finestre per far entrare nuove idee, per ritornare al merito delle questioni, per discutere dei problemi reali che interessano la società, la comunità civile, le famiglie e soprattutto i giovani, il loro futuro. Si avrebbe voglia di concentrarsi sulle "... riforme necessarie e possibili per rendere più competitiva l'economia e più inclusiva la società del nostro Paese" [Mario Monti, Una strategia della crescita, Corriere della Sera, 1 maggio 2011]. Senza dover assistere, ammutoliti e disorientati, alla rincorsa spregiudicata di interessi di breve periodo o "troppo" di parte, per lasciare dialogare invece prospettive diverse che certamente ci sono e che andrebbero coltivate con abbondante ossigeno.

La leadership, dunque, ha molte sfaccettature. Numerosi studi ne hanno messo a fuoco fattori, componenti e approcci. Gli studi sulla social identity ne hanno illuminato la natura di un "processo che ti fa essere percepito come leader da altri". Nelle tristi cronache che il dibattito politico e quello istituzionale continuano a offrirci troviamo un buon esempio di questa prospettiva e di come le leadership possono essere percepite. Un numero crescente di italiani vede nel Presidente della Repubblica l'espressione di una leadership super partes e genuinamente interessata al Paese, ai suoi cittadini e al loro benessere. Quella di Giorgio Napolitano appare con sempre maggior evidenza una "leadership di garanzia" a cui i cittadini guardano con fiducia. Queste dinamiche potrebbero interessare anche chi indaga le organizzazioni e il suo management. Numerosi spunti per studiare la leadership in questa direzione ci sono offerti da un recente editoriale di Ernesto Galli Della Loggia che ricostruisce i tratti della progressiva trasformazione del ruolo del Capo dello Stato negli ultimi decenni [La supplenza necessaria, Corriere della Sera, 13 maggio 2011]. Colpisce in particolar modo quel voler "stare da nessuna parte" che caratterizzerebbe il faticoso compito del Presidente della Repubblica in quest'epoca difficile e mediatica. Una leadership quasi paradossale, perché al servizio di nessuna "parte", sempre più premiata dai cittadini e dal Paese che respirano in questa interpretazione responsabile del ruolo istituzionale quell'aria fresca e genuina di cui vorremmo riempire le nostre stanze. Sarebbe davvero interessante approfondirne le caratteristiche perché se ne potrebbero trarre utili spunti per riqualificare le caratteristiche e le competenze dei leader.
Ne ricaveremmo indicazioni per disegnare non solo il profilo di politici, ma anche quello degli amministratori di organizzazioni e imprese capaci di gestire il loro delicato ruolo andando oltre l'angusta visione delle "parti", sostenuti da una prospettiva di accountability più ampia e propria delle moderne democrazie ed economie.

 

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