hronline
     n. 19 anno 2011

Un programma di educazione all’empatia

di Gabriele Gabrielli, Docente Università LUISS Guido Carli

di Gabriele Gabrielli, Docente Università LUISS Guido Carli

C'è un disorientamento senza territorio e confini che coinvolge i governi e la politica, le istituzioni e la società civile, le famiglie e le strutture educative. Tra i molti fattori che concorrono a crearlo ci sono, come sappiamo, la globalizzazione e la mobilità di popoli e persone, le nuove modalità di produzione della ricchezza fondate sulla conoscenza e i suoi effetti moltiplicativi, la crisi del lavoro e dei sistemi di welfare nell'Occidente, la povertà che continua a crescere in tutte le latitudini. Sin qui sembra siano prevalsi comportamenti opportunistici e forme di "avidità" che stanno mostrando però la fragilità di una visione dello sviluppo senza limiti, richiamando prospettive diverse come quelle della decrescita [Latouche S., La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano, 2006]. Abbiamo compiuto un viaggio guidati da numerosi "automatismi" e da attese non sostenibili, dissipando molto risorse senza preoccuparsi di rigenerarne di nuove [Rullani E., Modernità sostenibile, Marsilio, 2010]. Un viaggio senza meta e futuro sia per noi, ma anche e soprattutto per le future generazioni che abbiamo tradito [Pier Luigi Celli, La generazione tradita. Gli adulti contro i giovani, Sellerio, Palermo, 2010]. Una corsa senza visione, perché fondata sul disconoscimento degli altri e sull'idea che gli esseri umani sono per loro natura profondamente egoisti e spinti soltanto dal perseguimento dell'interesse personale. Ma ha davvero senso tutto questo? E' questa la domanda che si sta diffondendo un po' dappertutto. Risponde a verità la convinzione che il tornaconto individuale e la ricerca del profitto a tutti i costi siano i soli criteri della razionalità umana e i driver del suo comportamento? Jeremy Rifkin scrive che "dalle ricerche scientifiche in ambito biologico e cognitivo sta emergendo una visione radicalmente nuova della natura umana che suscita controversie non solo nei circoli intellettuali, ma anche nella comunità economica e politica" [La civiltà dell'empatia, Mondadori, Milano, 2010]. Sembrerebbe che il tema dominante della storia dell'uomo non sia quello dell'aggressività, quanto quello della cooperazione. La vita quotidiana, infatti, non è intessuta soltanto da tornaconto ed egoismo, da opportunismo e interessi individuali. C'è dell'altro, perché la nostra natura è diversa da quella che i mezzi di comunicazione esaltano ogni giorno raccontando storie intessute soltanto dal prevalere di interessi personali e da "colpi bassi". La vita, in verità, "trascorre fra centinaia di piccoli gesti di generosità e gentilezza" che non fanno notizia, ma che caratterizzano la natura umana. La scienza ci da una mano, perché ci dice che abbiamo un pezzo significativo della struttura del nostro DNA predisposta all'accoglienza, che trova soddisfazione e gratificazione nella ricerca e organizzazione dell'altruismo [T. Treu, M. Ceruti, Organizzare l'altruismo, Laterza, Roma-Bari, 2010] e del bene comune, della condivisione e comunione [http://www.edc-online.org/], del dono, del fare le cose "in cambio di nulla" [Bruna Giacomini, In cambio di nulla. Figure del dono, Il Poligrafo, 2006]. La scoperta dell'esistenza dei "neuroni specchio" e dei meccanismi che presiedono al loro funzionamento va in questa direzione e ci aiuta ad accrescere la consapevolezza che la nostra, forse, è l'epoca della empatia, piuttosto che della concorrenza spietata. La competizione, scrive Frans de Wall [The age of empathy, Three Rivers Press, New York, 2009], non può da sola qualificare la vita e la natura dell'uomo. C'è spazio allora nella società come nella politica, nell'economia come nel lavoro e nell'organizzazione della impresa per coltivare impostazioni non utilitaristiche, lasciando progressivamente ai margini pratiche che strumentalizzano la persona privilegiando meccanismi elitari, e sviluppare invece strategie e politiche inclusive. Educare all'empatia potrebbe essere allora la frontiera dell'impegno formativo in quest'epoca sorprendente, sia nella società che nelle organizzazioni, fondato su un'idea di giustizia "che ... non fa vittime e non permette che nessuno sia lasciato nella condizione di vittima" [Mancini R., Idee eretiche, Altraeconomia, Milano, 2009]. Le ricadute sarebbero molte.

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®